La Terza B

La Terza B
La Terza B

martedì 19 maggio 2015

Intervista a Stefano Casarino sul Liceo Classico

IL CLASSICO SENZA TEMPO

Una vita dedicata ai classici, con libri, collaborazioni con varie riviste e la presidenza dell’Associazione Italiana di Cultura Classica di Cuneo.
‘Quando ci poniamo di fronte all’antichità e la contempliamo con serietà nell’intento di formarci su di essa, abbiamo il senso come di essere solo allora diventati veramente uomini’. Così Goethe si poneva di fronte all’antichità, attribuendole quasi una sacralità misteriosa. Nel mondo di oggi, dove la tecnologia sta prendendo il sopravvento, dove il progresso scientifico lascia sempre meno spazio alla letteratura e all’arte, che ruolo hanno i classici? Possiamo ancora cambiare il mondo con i classici? Nuova Informazione l’ha chiesto in un’intervista al Prof. Stefano Casarino, Presidente dell’Associazione Italiana di Cultura Classica di Cuneo.
Professor Stefano Casarino, docente di Latino e Greco nell'Istituto di Istruzione Superiore ‘Vasco-Beccaria-Govone’ di Mondovì, Presidente della Delegazione di Cuneo dell'A.I.C.C. (Associazione Italiana Cultura Classica), direttore della Collana “Mnemata” per l’Ed. Aracne di Roma nonché membro scientifico della S.I.A.C. (Società Italiana Amici di Cicerone), membro dell’A.N.F.I.S. e come se non bastasse anche collaboratore di numerose associazioni culturali e di riviste culturali e didattiche e autore di vari testi. Si può dire che la sua sia una vera e propria vocazione al classico.
Una vocazione, se vogliamo chiamarla così, al classico, cioè a ciò che non invecchia mai. Il concetto da tenere presente è che “classico” non è solo un concetto umanistico, si può dire benissimo per la fisica, per la chimica, per le scienze. Galileo è un classico della fisica: le sue idee sono state superate, tuttavia non si può prescindere da esse. Da qui la riflessione sul classico: classico è ciò che non è passeggero, quindi, secondo me, vale la pena dedicare la propria vita e i propri interessi a leggere e studiare cose che non passeranno mai di moda. Omero lo leggiamo da duemila anni: c’è una citazione di Goethe che ripeto sempre: ‘Classico è colui che crede di essere scaldato dallo stesso sole che scaldava Omero’. Uno si può vestire in modo diverso, può vivere in modo diverso a seconda delle epoche, ma i grandi problemi dell’uomo sono e restano sempre gli stessi.
Leggiamo i classici da millenni: c’è un qualche cosa di più negli autori antichi?
Classico è ciò che dura. Noi come AICC fra non molto tempo organizzeremo delle commemorazioni dantesche: sono 750 anni dalla nascita di Dante. Il concetto è che il classico è ciò che dura sempre e comunque. Per Omero c’è qualcosa di più: Omero mette in luce tutti gli sviluppi successivi. Prendiamo l’Iliade, il primo poema occidentale: si apre con una scena di guerra e si chiude con una scena di riconciliazione. L’Odissea è invece il primo poema di viaggi, con uno scatto di valori rispetto al precedente - l’eroe che conta è quello astuto, non forte -  ma è speculare all’Iliade: inizia con una scena di viaggio e termina con una violenza incredibile nella strage dei Proci a Itaca. Omero è stato considerato come una sorta di “enciclopedia tribale”, un manuale su come comportarsi: un argomento che si collega ad oggi è il trattamento dell’ospite. “la cultura dell’accoglienza”. La cultura greca serve, deve servire. Pensare di capire Omero e lasciarlo lì non serve a niente, dobbiamo distinguere la cultura dall’erudizione. “Cultura” è ciò che coltiva il nostro animo e non è solo letteraria ma presuppone l’arte, la scienza, la musica. “Erudizione”, invece, molto spesso si riferisce alla conoscenza di date, di titoli, è lo sfoggio di dati particolari: oggi basta accedere per esempio a internet e si ricava una marea di informazioni; ecco: cultura è una cosa diversa. Omero è poi l’autore più ripreso di sempre: è chiaro che dentro i suoi poemi c’è tutto, l’aveva capito Aristotele, Omero contiene la commedia, la tragedia: è perciò inevitabile guardare a Omero. Steiner dice che il cittadino europeo di media cultura dovrebbe conoscere Omero e la Bibbia. Diciamo che la formazione culturale non solo del letterato ma anche del chimico, per esempio, richiede la conoscenza e l’elaborazione di concetti affrontati dagli antichi ma spendibili ancora oggi.
Parlando di Grecia ed Europa, da un giornalista l’altro giorno ho sentito che ‘La Grecia non merita aiuto dall’UE per ciò che ha fatto in questi anni, anzi, ma perché ha dato qualcosa al mondo per il quale saremo eternamente debitori’. Lei come la pensa?
Qui bisogna distinguere due piani: qual è stato il governo attuale della Grecia, senza dimenticare la sua storia e lì ci sono verità che non vanno taciute, però la domanda è: sarebbe immaginabile un Europa senza Grecia? Quando hanno provato a stilare una costituzione dell’Europa, sulle radici classiche erano tutti d’accordo: i problemi sono sorti con le  radici cristiane. Se prendiamo la parola “democrazia”, per esempio, è greca. Noi dobbiamo tanto ad Atene, che rispetto a Sparta, è ancora oggi dopo millenni un polo culturale. Dobbiamo alla ministra della cultura greca Melina Mercouri del 1985 l’inizio della tradizione delle Capitali Europee della Cultura: nell’85 Atene e nell’86 Firenze, per poi cambiare di anno in anno.
Che rapporto dovrebbe avere la comunità letteraria con la politica?
Diciamo che oggi abbiamo constatato proprio l’abbandono, l’esilio della comunità culturale, dalla politica. Siamo ancora eredi della cesura del Decadentismo. Abbiamo o il disimpegno assoluto o l’assoluto impegno. C’è poi da aggiungere la situazione nella quale ci trovavamo nel 1968, dove in Università qualcuno insegnava tattica della guerriglia urbana: quella non è certo cultura, è crimine. Il docente non deve mai dimenticare che gode sempre di un certo prestigio e il prestigio che mette nel dire le cose si può trasformare in azione. C’è un disperato bisogno, inoltre, di  ritorno alle radici della democrazia, all’ABC della democrazia, che stiamo dimenticando. La scuola è da questo punto di vista una fabbrica culturale enorme, ma se si incomincia a piegarla al diktat dell’azienda e si riduce a formare solo braccia e menti volte alla praticità, si diventa più antichi di Socrate! La responsabilità dell’intellettuale nella politica è quindi forte: è responsabile se si astiene ma è responsabile anche se partecipa con troppa forza. Si dovrebbe trovare un coinvolgimento dell’intellettuale e una maggiore permeabilità dei politici alla cultura. Platone è una nobilissima utopia dalla quale bisognerebbe ripartire:  però, senza commettere l’errore dei tecnici al governo, dovremmo pretendere che una minima conoscenza i nostri politici ce l’abbiano.
Arriviamo alla conclusione, al punto della situazione: possiamo cambiare il mondo con i classici?
Assolutamente si. Verdi dice: “ritorniamo all’antico e sarà un progresso”. Oggi uno può parteggiare più per Wagner o più per Verdi, ma nel mondo – questa è una constatazione – sono più rappresentate le opere di Verdi. La funzione dei classici è sempre stata quella di dare benzina, di accendere la scintilla. È pensabile un Rinascimento, un Michelangelo, senza la statuaria greca? Se leggiamo come i nazisti, ovvero solamente leggendo e imparando a memoria ma non capendo il significato profondo di quei testi, le opere perdono di senso. I classici non vanno letti solo perché sono belli, ma perché sono sconvolgenti. Concludo con questa citazione di Steiner: ‘Il classico ci interroga’. Dunque non siamo noi che interroghiamo il classico, è il classico che ci pone domande senza tempo a cui noi dobbiamo, per forza di cose, rispondere affinché la nostra vita abbia un senso.
Davide Lai
©nuovainformazione
tutti i diritti riservati a nuovainformazione.tumblr.com
vietata la riproduzione non autorizzata
informazione.nuova@yahoo.it
image
Il professor Stefano Casarino

1 commento: